giovedì 27 dicembre 2012

Injustice: i creatori di "Mortal Kombat" rendono malvagi gli eroi DC Comics

Dimenticate la Justice League of America, il supergruppo fumettistico che riunisce i supereroi più popolari e potenti di casa DC Comics, come Batman, Superman, Flash, Lanterna Verde e Wonder Woman.

Injustice: Gods Among Us (Ingiustizia: Gli Dei fra Noi) è il secondo videogioco che i NetherRealm Studios ambientano nell'universo DC Comics, e parte da una premessa molto semplice: Che succederebbe se i nostri più grandi eroi divenissero la nostra più grande minaccia?

Il primo gioco creato attorno all'universo DC Comics dai NetherRealm Studios - già noti per il famoso Mortal Kombat - è stato appunto  Mortal Kombat vs DC Universe. Si trattava di un titolo di godibilità passabile, senza infamia ma neanche senza particolare lode.

Sembrerebbe però che per Injustice la campagna pubblicitaria precedente l'uscita sia stata meglio organizzata, con aspettative di riscontro di pubblico molto alte da parte degli sviluppatori del gioco. Questo fa pensare che vedremo un titolo videoludico probabilmente migliore del primo che NetherRealm Studios ha dedicato ai supereroi DC Comics.

Gli studi NetherRealm  stanno centellinando nel tempo le notizie sui personaggi DC Comics presenti nel gioco. Per ora è stata confermata la presenza di Batman, Flash, Superman, Wonder Woman, Harley Quinn, Solomon Grundy, Lex Luthor, Nightwing, Cyborg, Catwoman, Green Arrow, Green Lantern, Joker e Deathstroke.

La data prevista d'uscita del gioco è aprile 2013. Le piattaforme sulle quali sarà possibile giocare saranno PlayStation 3Wii U e XBox 360.




lunedì 24 dicembre 2012

Frank Herbert's DUNE - Le miniserie TV

Sono sempre stato un appassionato del romanzo di fantascienza Dune e dei suoi seguiti, scritti da Frank Herbert.

Di più, trovo che l'intera opera letteraria di Herbert, anche al di là dei romanzi della saga di Dune, sia meritoria di lettura ed è un peccato che sia ormai di quasi impossibile reperibilità, se non su canali di vendita dedicati al collezionismo librario.

I meriti di Dune sono tantissimi, ma voglio concentrarmi solo su uno, probabilmente il più evidente: con Dune  la fantascienza letteraria ha consolidato un approccio creativo, che era pre-esistente ma mai si era spinto a tali livelli, e che presto sarebbe stato trasposto anche al genere fantasy.

Un approccio che negli anni successivi ci ha dato risultati eccelsi assieme a altri assolutamente dimenticabili: sto parlando dell'approccio del world building, la costruzione di un mondo intero concepito fin nei suoi minimi dettagli, capace di far immergere completamente il lettore in esso fino a perdercisi dentro.

Nonostante le molte emulazioni successive in tal senso, l'idea del mondo, in Dune  resta ancora per molti versi insuperata. Frank Herbert ha dedicato alla sua creazione ben sei voluminosi romanzi e poco prima della sua morte, nel 1986, stava quasi per completare la bozza del settimo.

Bozza che venne ritrovata molti anni dopo dal figlio, Brian Herbert e che permise a lui e allo scrittore Kevin J. Anderson, di completare e ampliare la saga letteraria con prequels, sequels e altre raccolte di racconti a contorno della narrazione.

Di Dune esistono due trasposizioni filmiche. La prima è il film Dune di David Lynch, del 1984, opera cinematografica suggestiva ma a tratti anche sinceramente incomprensibile e sicuramente poco fedele al romanzo, a causa di difficoltà tecniche intercorse durante la lavorazione, nonché tagli di budget ed eccessi creativi del suo regista.

Il secondo adattamento filmico è la miniserie prodotta da SciFi Channel nel 2001, qua è là un po' povera in effetti speciali ma sicuramente molto fedele al romanzo del 1965. La miniserie è nota col titolo italiano di Dune il destino dell'universo.

Due anni dopo, essa è stata seguita da una seconda miniserie, I figli di Dune, che racconta gli avvenimenti narrati nei due romanzi immediatamente successivi a Dune: Messia di Dune (1969) e I figli di Dune (1977).

Questi primi tre romanzi della saga, pur non giungendo a chiudere tutte le sottotrame messe in azione, rappresentano un corpo narrativo di notevole compattezza e di qualità uniforme (ed elevatissima) e ne consiglierei sicuramente la lettura a chiunque voglia avvicinarsi a questa stupenda creazione narrativa.

Qui sotto, in questo post,  - e sperando non intervengano troppo presto le cesoie di youtube - vi propongo i video contenenti per intero le due miniserie TV suddette.

E subito dopo riporto per intero la trascrizione di una conferenza tenuta da Frank Herbert (e contenuta nella prefazione alla prima edizione italiana di Messia di Dune) che è davvero illuminante per comprendere il carattere peculiare della creatura ideata da Herbert, come è illuminante anche per comprendere appieno il notevole sforzo che hanno compiuto gli sceneggiatori delle due miniserie TV per darci una trasposizione filmica davvero fedele all'autentico spirito della narrazione.




Dune - miniserie TV, 2001 - Italiano - Completa
NB: You Tube ha impedito la visibilità di questo video dall'Italia. Il video è però ancora visualizzabile all'indirizzo https://youtu.be/r8IAf_lC-Z4 , se raggiunto tramite un proxy straniero fra quelli elencati qui http://www.proxy4free.com/list/webproxy1.html (provare diversi proxy, se qualcuno non dovesse funzionare e - al limite - cambiare l'impostazione della lingua you tube da italiano a altra lingua).


I Figli di Dune - miniserie TV, 2003 - Italiano - Completa





Discorso tenuto da Frank Herbert alla XXII Convention Mondiale della fantascienza, Los Angeles 1964). 

A quanto pare mi è stato chiesto di tenere un discorso su questo tema a causa del mio ciclo di romanzi ambientato sul pianeta Dune. Confesso che, nell'affrontarlo, provo una certa apprensione. Altri mondi sono stati costruiti, migliori del mio... Però, visto che in numerose occasioni mi hanno già gratificato dell'appellativo di "sacrilego", posso benissimo aggiungere anche la sfida agli dèi nell'elenco delle mie colpe.

Ecco dunque come è nato Dune  (A questo punto desidero avvertire gli ascoltatori: sarà un discorso con molte divagazioni. Ma neppure la costruzione di un mondo è un processo lineare: s'incontrano diramazioni affascinanti ed è difficile non cedere al desiderio di esplorarle... specialmente per uno come me, che non riesce ad aprire il dizionario senza perdere ore intere a leggerlo!).

All'inizio c'è stata l'idea. L'idea specifica di Dune nacque una decina di anni prima che scrivessi i romanzi, in un periodo in cui preparavo un articolo per un quotidiano. L'articolo mi aveva condotto a Florence, nel'Oregon: una cittadina costiera che aveva dei guai con le dune di sabbia.

Poiché è sede di un progetto coordinato, statale e federale, per controllare il movimento delle dune, Florence è una specie di Mecca per chiunque, in ogni parte del mondo, abbia lo stesso tipo di problemi. (E non lo dico per far piacere alla locale Camera di Commercio, ma perché è la verità: delegazioni di un mucchio di Paesi - Israele, Cina, Italia, Spagna, Algeria, Turchia, Iran, India, Arabia Saudita, Messico - si sono recate a Florence per studiare i metodi con cui si può controllare il movimento delle dune.)

A Florence hanno risolto parzialmente il problema, almeno per quanto riguarda il movimento della sabbia: seminano erbe per fermare le dune e hanno sviluppato varie tecniche come quella di seminare le dune dalla parte esposta al vento, per ancorarle, e dall'altra parte per farle crescere in altezza, in modo che formino una barriera contro il vento.

Nel preparare l'articolo di giornale su questo progetto, scoprii che il problema delle dune mi aveva affascinato. Proprio così: a volte certe cose bizzarre hanno il potere di assorbire l'immaginazione. Per le dune, mi nacque una vera passione.

Cominciai a studiare i popoli che abitano nelle regioni aride, perchè erano le regioni in cui si incontrava la maggior parte delle dune. Una delle mie solite divagazioni, insomma: un modo come un altro di leggere il dizionario. Poi, lentamente, lo scrittore che è in me si risvegliò e si accorse che questi argomenti potevano offrire lo spunto per una storia (ciò si verificò circa due anni dopo).

Successivamente, pensai che forse non c'erano soltanto gli elementi di una storia, ma anche gli elementi per costruire un mondo immaginario: un mondo che chiunque fosse vissuto per qualche tempo in una regione arida avrebbe potuto riconoscere. Un mondo intero: un pianeta portato agli estremi dalla mancanza d'acqua. Gente spinta alla violenza da questo bisogno. una cultura, una civiltà che si fa strada faticosamente tra questa avversità.

Ora, quando il discorso cade su Dune  vedo che molta gente nota proprio questo: l'ecologia di Dune  Ma per me l'ecologia di Dune era soltanto un mezzo, non un fine.

Dal mio punto di vista, un pianeta è una specie di nave spaziale: una biosfera, che viaggia a una velocità spaventosa tra un'immensità di spazio inabitabile. E il fine era quello di raccontare una storia. Per una narrazione la cosa più importante sono gli ospiti dell'astronave.

Gli abitanti dunque. Un simile mondo arido, come si impone ai suoi abitanti? Quando si progetta un modo, occorre sempre impiegare una pista di lancio: qualcosa che il lettore possa riconoscere. Per Dune  come ho detto, questa pista di lancio è costituita dalla popolazioni che qui, sulla Terra, vivono nelle regioni aride. Su Dune  però, l'aridità è superiore, ed ecco che le cose cominciano a complicarsi.

Fate uno sforzo di immaginazione, fino a considerare la Terra come una creatura vivente: non vi occorrerà molto per pensare all'umanità come una malattia del nostro pianeta. Su buona parte della Terra, la presenza dell'uomo contrasta con quella di un'ecologia sana, capace di mantenersi indefinitamente.

C'è un singolo tipo di regioni, però, in cui questo uomo-virus ha perso la virulenza e intacca in misura minore la biosfera che lo circonda: le regioni aride. (E notate come finora non abbia ancora pronunciato la parola "deserto". "Deserto" ha un significato preciso mentre l'aridità ha tutta una serie di gradi. Dune è arido. Alcuni deserti della Terra, al confronto, sono umidi).

Nelle regioni desertiche della Terra, l'uomo-virus adotta certi provvedimenti per conservare tutta quella catena di organismi viventi - piante, animali, insetti - che rendono possibile la vita umana. Laggiù l'agricoltura conserva ancora alcune delle sue antiche implicazioni religiose: il matrimonio con la terra e la necessità di renderla fertile. Laggiù vive ancora una vecchia tradizione: quella di bonificare la terra, di entrare nel ritmo naturale delle cose, di trasformare l'uomo in una componente vitale dell'ecologia intorno a lui.

Nelle nostre regioni aride non è sempre stato così, né è sempre così oggigiorno. Ma proprio le regioni desertiche mostrano questo compito dell'uomo con singolare efficacia nella cultura popolare, nel comportamento tradizionale: "Queste cose si devono fare in questo modo". Infatti non è detto che l'opposizione ai cambiamenti, il conservatorismo, debbano essere sempre in contrasto con la sopravvivenza.

Le tradizioni culturali di queste popolazioni del deserto, guardando nel passato, possono imparare dagli errori commessi: le testimonianze di questi errori sono ancora vive intorno a loro. Per esempio, tribù nomadi del deserto cominciarono la distruzione dei famosi cedri del Libano.

Come risultato, l'humus di quella terra, un tempo fertile, è oggi ridotta a uno strato sottile. La terra è meno fertile, produce meno cibo di quanto non ne producesse nelle epoche bibliche: forse c'è stato un leggero cambiamento nelle precipitazioni atmosferiche, ma questo cambiamento, da solo, non basta a spiegare la differenza tra allora e oggi.


Modificazioni delle linee di displuvio naturali in vaste regioni della Cina sono direttamente all'origine della secolare povertà di quelle zone (ci sono stati altri fattori, certo, ma non intendo parlare di cause ed effetti totali: mi limito a ricostruire parti di catene causali immediate... procedimento molto rischioso, quando si parla della Cina). Una caratteristica di queste regioni aride, dunque, è l'intima associazione tra l'uomo e la terra.

In un certo senso, è la caratteristica di tutte le regioni povere della Terra, ma bisogna distinguere tra intima associazione e sfruttamento. I risicoltori italiani sfruttano la terra. I coltivatori di grano delle pianure americane sfruttano la terra. Alcuni risicoltori giapponesi sfruttano la terra.

Tutte queste persone hanno in comune una caratteristica: non si preoccupano di inserire la loro attività agricola entro uno dei cicli autosufficienti della regione in cui vivono. Un numero sempre crescente di risicoltori giapponesi fa ricorso a fertilizzanti chimici. Quelli italiani hanno già imboccato da tempo la stessa strada.

Gli agricoltori americani, un anno, hanno perfino perso il raccolto per essersene fidati troppo. Alcune region dello stato di Washington e del Sud Dakota devono oggi affrontare il problema dell'esaurimento del suolo. I fertilizzanti chimici tappano parte dei buchi... ma se ne formano altri. Sono regioni in cui non pareggia il bilancio tra quanto si prende e quanto si restituisce.

Facciamo un confronto tra queste regioni e altre in cui si coltivano cereali: Cina meridionale, Corea, Giappone sudoccidentale, India, Turchia (grano o riso, la differenza non conta: in entrambi i casi occorrono campi di grandi dimensioni e si seminano piante erbacee).

Per prima cosa, in questo secondo tipo di regioni, si usa come fertilizzante il letame: procedimento molto discutibile perché costituisce chiaramente una fonte di malattie.

Inoltre, alcune di esse subiscono inondazioni periodiche, che le riforniscono di humus. Ma in entrambi casi la gente vive accanto ai propri rifiuti: si stabilisce un ciclo tra rifiuti, vegetali e uomo. Si tratta di cicli umidi, però.

Come conciliare questo con il deserto di Dune  Beh, anche nel caso di Dune si tratta di vivere in intimo contatto con il pianeta e, sopratutto, di un'altra considerazione: nelle situazioni di massima indigenza i primitivi riescono a sopravvivere meglio dei civilizzati.

Che caratteristiche hanno questi primitivi, per riuscire a sopravvivere? Molti, nel nostro paese, tendono a pensare che la dieta degli agricoltori di queste regioni povere sia estremamente frugale.

Niente affatto: gli abitanti di queste regioni primitive hanno una grande varietà di cibi... ma mangiano cose che noi, di solito, non includiamo tra i generi alimentari: vegetali selvatici, insetti; inoltre, mangiano ogni parte del pesce.

Hanno le vitamine B dalle bevande fermentate, e il calcio dal limone. Fanno cuocere alcuni cibi per un periodo brevissimo, e così ottengono il doppio risultato di risparmiare combustibile e di conservare il valore alimentare.

Per quanto riguarda altri cibi, invece, hanno imparato a cuocerli abbastanza a lungo da renderli digeribili. Esempio: durante la guerra di Corea, molti soldati delle Nazioni Unite morirono nei campi di prigionia cinesi e nord-coreani. Ci fu una sola eccezione clamorosa: i turchi.

Per prima cosa, la loro religione affermava, ed essi ne erano convinti (né si riusciva a togliere loro questa convinzione), che erano migliori di coloro che li tenevano prigionieri. Per seconda cosa, sapevano riconoscere ogni possibile risorsa alimentare: foglie verdi, larve nascoste sotto i tronchi, la parte interna della corteccia degli alberi.

Terza cosa, sapevano che il risone che ricevevano richiede una lunga cottura per essere digeribile, e aspettavano pazientemente che la cottura fosse terminata. Quarto, rimanevano uniti come membri della stesa tribù e si aiutavano reciprocamente.

Quinto, quando trovavano del cibo non ne distruggevano la fonte. Raccoglievano soltanto una parte delle larve, non staccavano la corteccia sull'intera circonferenza dell'albero, davano alle piante verdi il tempo di ricrescere.

Erano gente primitiva, con una lunga tradizione di attenzioni verso la terra: inserirsi nel ciclo della regione, senza sconvolgere i ritmi naturali.

Tutte queste considerazioni, ve ne sarete già accorti, le ho adattate alla situazione di Dune  Su Dune  queste considerazioni sono delle realtà.

Gli ecologi cominciano solo ora a comprendere ciò che i primitivi sanno per istinto: maggiore è il numero delle forme di vita presenti in un certo ambiente ecologico, maggiore è la quantità di energia chimica che vi è contenuta sotto forma di materia vivente; quando le forme di vita proliferano in intima associazione, la varietà delle forme viventi è indispensabile alla prosecuzione della vita. 

Lo scambio di energia tra le varie forme viventi è molto complesso. Vi sono moltissime relazioni di dipendenza mutua, e soltanto ora cominciamo a comprenderle. E ci accorgiamo di non sapere affatto fino a che punto giunga la nostra dipendenza dalle altre forme: dipendiamo da tutta una catena di organismi.

E' per questo motivo che, per Dune  ho affrontato - e soltanto nelle linee generali - una piccola parte delle forme di mutua dipendenza. Alcuni dettagli della catena ecologica ci sono noti, e compaiono qua e là nel corso della narrazione.

Altre volte, quando i fenomeni di dipendenza non ci sono noti con precisione, ho preferito evitare del tutto di parlarne., piuttosto che essere costretto a inventare. Introdurre nuovi misteri in quest'area avrebbe distratto il lettore da quei pochi misteri che sostengono la narrazione.

Tuttavia un mondo si impone sempre ai suoi abitanti, e io ho dovuto risolvere alcuni di questi misteri. Così, su Dune voi incontrate uccelli di ogni specie che si sono abituati a bere il sangue; pipistrelli che ottengono dalla saliva umana parte della loro umidità, dispositivi come i precipitatori di rugiada (un apparecchio semplice e pratico; qualche grossa industria nel campo delle materie plastiche dovrebbe prenderlo in esame).

Inoltre, Dune vi dà anche la pura invenzione: il ciclo tra vermi, spezia, Piccolo Creatore, che è una deliberata imitazione delle forme di dipendenza mutua che ci sono note. Cominciate a capire come si costruisce un mondo?

Su Dune  il fattore dominante è la mancanza d'acqua. L'umidità, non l'acqua, diviene argomento di costante preoccupazione. Le piante devono conservare l'umidità intensificando i sistemi con cui la conservano nei deserti della Terra. E gli uomini devono fare altrettanto.

Quando si giunge agli uomini, uno scrittore ha due possibilità. Può introdursi nella narrazione e spiegare esattamente al lettore questi sistemi per sopravvivere. In alcuni casi l'ho fatto anch'io: ho fornito dettagli sulle tutte distillanti e sugli altri abiti per il deserto, e ho sottolineato l'importanza di recuperare l'acqua eliminata dal corpo.

Però esiste una seconda tecnica narrativa, molto più efficace: quella di mostrare indirettamente questi fatti, inserendoli nel ritratto generale della cultura.

E per inserirli occorre rivolgersi al linguaggio, perché il linguaggio è la carta geografica della cultura. Il linguaggio di Dune è pieno di indizi sul rigore del pianeta, alcuni inventati per l'occasione, altri presi a prestito dalle culture primitive dei deserti terrestri. "La fretta è uno strumento di Satana" (Arabo). "Il sole è il tuo nemico, la luna la tua amica" (Frank Herbert).


E osservate i diversi modi per chiamare il coltello su Dune  le numerose parole che si riferiscono ai vari modi di uccidere con il veleno, gli usi raffinati dell'assassinio. Senza che ci sia bisogno di dirlo chiaramente, vi accorgerete che sono elementi molto importanti nella cultura di Dune e dell'Impero.

Notate la generale austerità della vita dei nomadi durante le migrazioni, in contrasto con la ricchezza degli arredi nei campi semi-permanenti, la decorazione artistica degli utensili di uso quotidiano. Sono le manifestazioni superficiali di una data forma di civiltà. il retroscena culturale si manifesta negli utensili di uso comune.

Notate quante volte, su Dune  la parola "acqua" è unita ad altre parole che indicano uso o funzione. Il linguaggio è la carta geografica della cultura. L'arabo, ad esempio, ha una sessantina di parole che riguardano i cammelli. Basta questa constatazione per capire che importanza rivesta il cammello per la sopravvivenza di un arabo.

E non c'è dubbio che un arabo rimarrà altrettanto impressionato dallo spropositato numero di parole che noi usiamo per vari tipi di trasporto senza cammelli: autocarro, cingolato, carro armato, automobile da corsa e chi più ne ha più ne metta.

Queste indicazioni che ci sono fornite dal linguaggio non sono affatto superficiali. Noi conosciamo le parole mediante le reazioni umane che ci comunicano, registriamo nelle nostre lingue queste reazioni, e a volte seppelliamo le reazioni - i giudizi - nelle definizioni.

Poi la lingua procede, e i giudizi originari vengono dimenticati. Ma non per questo muoiono: continuano a esistere in profondità, e, come in una carta geografica, indicano i punti in cui il nostro mondo si è imposto su di noi.

Questi sottintesi, presenti nelle nostre parole di uso comune, ci permettono di ricostruire la storia culturale della nostra narrazione. Ecco alcuni esempi:

Delizia: Etimologicamente significa "Piacevole alla lingua".
Precario: dal latino, "Pieno di preghiere".
Martirio: dalla parola greca che significa testimonianza. Il martirio nasconde nella sua definizione un uso antico: quello del processo mediante ordalia. Se morivate, eravate innocente: "una testimonianza degli dèi"; ma se invece superavate l'ordalia, allora chiaramente doveva avervi aiutato il diavolo, e perciò venivate ucciso subito.
Autentico: dal greco, "Una persona che agisce per sé stessa" e che quindi compie il lavoro bene. "Se vuoi che un lavoro sia fatto bene, fallo da te".

La lettura del dizionario è affascina te, non vi pare?
Questi sono alcuni dei luoghi che vi possono insegnare come costruire un mondo. Ma ce ne sono altri. Per prima cosa, ci sono le esperienze della vostra vita. Vi ho parlato di Florence e dell'articolo che mi consentiva di mettere insieme pane e companatico. inoltre, tenete presente che ho abitato per vario tempo nel deserto di Sonora, in Messico... potrei parlarne per ore.

A questo si aggiunga il fatto che ho letto più di 200 libri, articoli, rapporti e saggi scientifici, sull'ecologia delle regioni aride, sulle comunità del deserto, sugli adattamenti degli animali e degli uomini a deserti di ogni tipo, dal Gobi, al Sonora, al Sahara e al Kalahari.

Vi meravigliereste, sapendo quanto materiale potete trovare su argomenti come questo, in qualsiasi biblioteca. Materiale che va da quanti chilometri può percorrere un soldato nel deserto, e con che provvista d'acqua, al modo di tenere lontano i rettili velenosi.

Inoltre, potete anche trovarvi centinaia di piccole informazioni interessanti, come ad esempio questa: quando la sopravvivenza è in pericolo, la vitalità dei semi di pino aumenta. Normalmente, i pini danno semi vitali soltanto un anno ogni nove, ma, quando sono minacciati dalle dune, danno semi vitali tutti gli anni. Questa caratteristica si può riscontrare anche tra gli uomini. L'istinto sessuale aumenta sotto la pressione del pericolo, anche se il pericolo è quello della fame: un fatto, questo, che nasconde implicazioni terribili, se pensate a come sono già sfruttate le risorse alimentari.

Vi avevo avvertito: non sarebbe stato un discorso lineare. Ha divagato qui e là, come hanno divagato le mie ricerche per la preparazione di Dune  Ma ho preferito dargli questa forma, sperando di potervi mostrare come si passi lentamente da una idea a una storia completa, pronta a spiccare il volo.

E' come le incrostazioni dei conchiferi sotto le navi: la raccolta di migliaia di piccolissimi particolari. Molti di questi particolari portano un contributo alla narrazione senza apparirvi direttamente. Sono come le tracce culturali che incontriamo nelle parole della nostra lingua.

Ma questi particolari ci sono: se non nelle foglie, nelle radici. Il loro contributo si manifesta nelle reazioni dei personaggi. In un certo senso, la loro funzione è identica a quella dei geni e dei cromosomi: contribuire dall'interno a dare forma al prodotto compiuto. E il prodotto compiuto, naturalmente, sono una narrazione e un mondo.




sabato 22 dicembre 2012

Il mondo dei supereroi

Vi propongo un divertente documentario National Geographic dedicato al mondo degli appassionati e collezionisti di fumetti americani.

Davvero meritorio di una visione.


venerdì 21 dicembre 2012

Il ciak alla cieca: le scene cult del cinema che non sono mai state scritte

Durante le riprese di un film, a volte si devono colmare carenze o veri buchi nella sceneggiatura, a volte si tratta solo di improvvisare sul set di ripresa una soluzione per un problema imprevisto.

Fatto sta che sono molte le scene cinematografiche di culto che sono entrate con forza nell'immaginario collettivo pur non essendo mai state scritte da nessuno sceneggiatore.

Film famosissimi come Lo Squalo o Io e Annie, a causa di tempi di produzioni ristretti, non avevano neanche una sceneggiatura completa al momento del primo ciak.

Passiamo in rassegna alcune di queste scene-mito. Ce n'è per tutti i gusti.


I Predatori dell'Arca Perduta [Raiders of the Lost Ark - 1981] di Steven Spielberg.

Doveva essere un combattimento di spade quello fra Indiana Jones (Harrison Ford) e il beduino vestito di nero pronto a sfidarlo.

Ma il giorno previsto per la ripresa della scena, Ford si trovava pesantemente fiaccato da una temporanea intossicazione alimentare. Semplicemente non aveva la forza per simulare un impegnativo combattimento.

Ed ecco la soluzione, ideata da Harrison Ford e concordata con lo stesso Steven Spielberg. Indiana Jones avrebbe risposto alle spacconate di sfida del guerriero semplicemente tirando fuori il revolver e abbattendo il suo avversario. Un effetto umoristico improvvisato e perfettamente in linea con l'insolenza scanzonata del personaggio.


Il Padrino [The Godfather - 1972] di Francis Ford Coppola.

Don Vito Corleone (Marlon Brando) sentenzia sul destino di un uomo, assicurando il suo interlocutore che provvederà a far giustizia.

Una freddezza e spietatezza di intenti che contrasta con la gentilezza con cui Vito Corleone accarezza il gatto poggiato sul suo grembo.

Solo che... il gatto nella sceneggiatura non esisteva affatto. Pare che l'improvvisa illuminazione sia venuta al regista, Francis Ford Coppola, al quale i suoi assistenti avevano appena portato un gatto che scorazzava sul set di ripresa. Il regista si limitò a prendere il gatto e piazzarlo in grembo a Marlon Brando, poco prima del ciak.

Insomma... Coppola fece a Brando una proposta che non poteva rifiutare..


Arancia meccanica [A Clockwork Orange - 1971] di Stanley Kubrick.

Alex (ossia Malcolm McDowell) decise di sua iniziativa di cantare Singing in the Rain durante la scena di ultra-violenza della rapina con stupro in una ricca villa borghese.

Il noto perfezionismo di Stanley Kubrick aveva già portato a svariate riprese della scena, senza mai trovare la soddisfazione del regista.

Con l'improvvisazione canora di Malcolm McDowell, invece, la scena acquistò tutto un altro tono, tanto che Kubrick si dichiarò finalmente soddisfatto del ciak e ordinò alla produzione di acquisire subito i diritti di utilizzo per la canzone.


Taxi Driver [Taxi Driver - 1976] di Martin Scorsese.

"Travis parla con se stesso davanti allo specchio".

Questo è tutto quello che lo sceneggiatore Paul Schrader aveva scritto sulla sceneggiatura per una delle più famose - e più citate - scene del cinema.

Il merito della scena finale è perciò completamente da attribuire a Robert De Niro nel ruolo di Travis Bickle, che ha del tutto improvvisato i dialoghi - il famoso "Ma dici a me?" - e anche l'espressività e gestualità di contorno, come ad esempio il fatto di mostrare lo sguardo allucinato causato da una insonnia ossessiva e malata.


Il Cavaliere Oscuro [The Dark Knight - 2008] di Christopher Nolan.

Joker (Heath Ledger) è in prigione, appena arrestato da Jim Gordon (Gary Oldman), e il sindaco Garcia (Nestor Carbonell) assegna prontamente a Gordon la promozione all'incarico di commissario.

Parte l'applauso di congratulazioni fra i colleghi di Gordon, ma quando il fragore comincia a spegnersi ecco che Joker, meccanicamente e lentamente, senza mai cambiare espressione (e senza che questa azione fosse stata prevista dalla sceneggiatura) prolunga l'applauso come presa in giro per il neo-commissario.


Blade Runner [Blade Runner - 1982] di Ridley Scott.

Rick Deckard (Harrison Ford) è in una pessima posizione. Sta tentando di "ritirare" dalla circolazione il replicante Roy Batty (Rutger Hauer) ma si ritrova sconfitto e sa di stare per lasciarci la vita.

Anche Roy Batty però sente di stare per morire. Il suo tempo è terminato.

Roy ha pietà di Rick Deckard e lo lascia vivo, non prima però di aver recitato le sue ultime parole, previste dalla sceneggiatura: "E tutti quei momenti andranno perduti per sempre".

La frase non è completa! Manca la conclusione: "... come lacrime nella pioggia". Beh, quest'ultimo pezzo non c'era affatto nella sceneggiatura. Si è trattato di una improvvisazione - passata alla storia - di un Rutger Hauer in stato di grazia creativa.




giovedì 20 dicembre 2012

The Walking Dead gratis per iPhone e iPad

Di gratis sull'AppStore c'è solo il primo episodio dell'adventure grafica The Walking Dead , ma è un fatto comunque notevole che questo primo episodio sia stato reso disponibile gratuitamente per iPhone e iPad .

Il gioco The Walking Dead, prodotto da Telltale Games, è stato infatti nominato miglior gioco dell'anno durante gli Spike TV Video Game Awards. Merito di una grafica davvero originale e di una trama intrigante.

Per questi motivi la Telltale Games ha ritenuto valesse la pena di provare ad ampliare il numero degli appassionati del gioco, diffondendo il primo capitolo con un download free.

Il gioco cavalca la notorietà ottenuta dal fumetto omonimo di Robert Kirkman e successiva serie televisiva, anche se segue la trama del fumetto originale più che quella della serie TV.

The Walking Dead - Episode 1 - Gameplay




mercoledì 19 dicembre 2012

"Kelly Sue DeConnick" rilancia Captain Marvel

Cover per Captain Marvel #9
In Marvel Comics c'era una volta Mar-Vell, un soldato alieno che era giunto sulla Terra come spia per l'invasione del pianeta da parte della sua razza, i Kree. E c'era una volta Captain Marvel, lo stesso soldato che - rinnegando la sua missione - aveva finito per assumere il ruolo di difensore del pianeta proteggendo i suoi abitanti da ogni minaccia esterna.

E infine c'era una volta Ms. Marvel, ossia la terrestre Carol Susan Jane Danvers, introdotta inizialmente come personaggio comprimario nelle storie di Captain Marvel e infine giunta a emulare le gesta del Capitano.

L'originale Captain Marvel non è più in circolazione da decenni, ucciso dal cancro in una lirica e indimenticabile graphic novel realizzata interamente da Jim Starlin. Ma avere un Captain Marvel (uno qualunque) è rimasta una esigenza primaria per la casa di fumetti: si tratterà pure di un personaggio relativamente secondario rispetto all'abbondanza di eroi e titoli sfornati mensilmente, ma il nome che porta è vitale per l'identificazione fra casa editoriale e personaggio.

Captain Marvel è perciò l'icona stessa della Marvel Comics che gli ha dato i natali, ed è per questo che durante gli anni il suo nome di battaglia è stato brevemente preso in prestito da altri emuli. Mai comunque da Carol Susan Jane Danvers che è sempre restata nota col nome di Ms. Marvel. Mai almeno fino al 2012.


Da quest'anno Ms. Marvel è ufficialmente divenuta l'unico e solo Captain Marvel in Marvel Comics e a lei è dedicata una testata giunta ormai al numero #8 (numero di Dicembre 2012).  Ma a gennaio la testata cambierà autore: giunge ai testi Kelly Sue DeConnick e promette di avviare un nuovo arco di storie che servirà da punto di inizio ideale per i nuovi lettori.

Captain Marvel sta per offrire ai suoi appassionati, vecchi e nuovi, una nuova occasione di volare alto col "Capitano". Per preparare opportunamente il rilancio, Kelly Sue DeConnick ha già collaborato alla stesura dei testi per i numeri #7 e #8, affiancando il precedente autore Chris Sebala e introducendo trame e personaggi che saranno meglio sviluppate nell'arco narrativo successivo.



giovedì 13 dicembre 2012

Tutti i retroscena su "Metal Gear Rising: Revengeance"

Lo studio nipponico di sviluppo di videogiochi Kojima Productions è ben noto fra i fan dei titoli videoludici Metal Gear, serie di giochi che rappresenta la massima creazione del designer Hideo Kojima.

L'ultimo e attesissimo titolo della serie è Metal Gear Rising: Revengeance, di prossima uscita per PS3 e XBox 360 il 19 febbraio 2013 (per l'America del Nord) e il 21 febbraio 2013 (per l'Europa).

Di Metal Gear Rising: Revengeance si parlava fin dal 2009, data di uscita del primo teaser trailer per il gioco, anche se all'epoca il titolo provvisorio era Metal Gear Solid: Rising. Sul finire del 2011 giunse l'annuncio, per molti versi shockante sia per i fan della serie che per gli stessi sviluppatori del titolo: la Kojima Productions dichiarava di non essere più interessata alla creazione del titolo e ne passava il compito alla Platinum Games Inc.

Da allora molte voci di corridoio sono circolate sullo scontento degli sviluppatori coinvolti nel progetto, così come sono proliferati i timori dei fans riguardo la possibilità che un cambiamento del team creativo (o quantomeno della sua direzione) avrebbe condotto alla produzione di un titolo non all'altezza dei suoi predecessori.

Oggi Atsushi Inabadirector creativo del gioco presso Platinum Games, sul sito ufficiale del gioco (The Rising Blog) ha rivelato alcuni retroscena che riguardano la vicenda del passaggio di consegne da KojimaPlatinum Games.

Di seguito la traduzione completa del comunicato di Atsushi Inaba.


Il tempo davvero vola.

Guardando indietro, è stato solo lo scorso dicembre che Rising scosse la cerimonia del 2001 per i Video Game Awards con un annuncio sconvolgente: “Sviluppato da... Platinum Games”.

L'annuncio è stato accolto da una tempesta di voci polemiche, sia pro che contro. Una tempesta che è ben presto montata come un'onda d'urto dalle dimensioni di un uragano e che ha portato la notizia in ogni angolo del mondo.

E ' passato un anno da allora, ma sembra ancora come fosse accaduto ieri. Il tempo vola, davvero vola. Una cosa che finisco per dire per ogni gioco a cui lavoro, ma con questo progetto in particolare il tempo sembra essere trascorso a un passo abnormemente veloce.

Di solito, la produzione di un gioco diventa più frenetica proprio in prossimità della data di scadenza della sua pianificazione. Letteralmente, si avverte come cruciale ogni minuto e ogni secondo che passa. Al contrario, il lavoro è spesso molto più rilassato all'inizio. Ma questo non è quel che è accaduto per Rising. Niente affatto.

Permettetemi di descrivere la situazione con una metafora: abbiamo trascinato tutta la squadra fuori dai letti, l'abbiamo caricata in un jet da combattimento mentre i componenti della squadra erano ancora mezzo addormentati ... e un attimo dopo abbiamo chiuso il vano di carico per volare via a tutta velocità.

Questo è come il progetto è partito (o piuttosto come io l'ho fatto partire?).

Il team creativo non era ancora completamente in grado di comprendere l'ambiente circostante e nel bel mezzo del panico l'abbiamo spinto a una accelerazione gravitazionale poco maggiore rispetto a prima. Ho radunato la squadra per un annuncio: "Stiamo debuttando con Metal Gear Rising: Revengeance (ex Metal Gear Solid: Rising) al Video Game Awards, perciò mettetevi al lavoro sulla realizzazione di un trailer".

Non dimenticherò mai quel momento. Si poteva tagliare la tensione nella stanza con un coltello. Ma, naturalmente, tutti oggi possono guardarsi indietro e apprezzare quel momento ... no, probabilmente no! Lasciamo la cosa al passato.

A che cosa ci abbia condotto questa catapulta improvvisa del carico (per un lavoro iniziato in Kojima Productions) è qualcosa della quale ho già discusso in diverse interviste quindi ometterò di parlane ancora qui.

Alla Platinum Games non ci sorprendiamo facilmente. Eppure, penso che il team creativo era abbastanza scioccato quando ho detto loro: "stiamo facendo Metal Gear Rising".
Kenji Saito probabilmente ha avuto un attacco di cuore quanto gli ho chiesto: "Vuoi essere il regista (del trailer)? Ho bisogno di una risposta immediata".

Volevo ciò nonostante che questo progetto venisse realizzato. Mi ricordo tutti i progetti a cui ho iniziato a lavorare dopo che mi sono incontrato con Kojima e del lavoro svolto per trasformare la sua proposta in una realtà.

Nelle interviste ho detto: "L'ho preso in carico per questo... perché il pensiero di questo progetto mi ha emozionato", ma con ciò non voglio intendere che sono semplicemente stato impulsivo. Quello che facciamo alla Platinum Games, se dovessi dirlo in breve, può essere descritto da due sole parole: "Orgoglio" e "Dedizione".

Sono orgoglioso di pensare in termini come “se noi facciamo questo, possiamo renderlo incredibile".
Sono orgoglioso di aspettarmi costantemente sempre di più da noi stessi. La dedizione è il principio che ci mette in grado di non deludere mai i nostri fans. Noi vogliamo essere quanto più possibile sinceri come sono sincere queste due parole. Questo è quel che meglio rappresenta la Platinum Games.

Tuttavia, questo progetto ci ha gettato una nuova sfida: fare qualcosa che la Kojima Productions e gli appassionati in tutto il mondo di Metal Gear approverebbero. La Kojima Productions ha creduto nel nostro talento come creatori di giochi d'azione e noi abbiamo deciso di rispondere adeguatamente a queste aspettative.

Inoltre, ci siamo anche sforzati di creare qualcosa che superi le aspettative di tutti gli appassionati di Metal Gear. Alla fine, ci siamo ritrovati ad aver ampliato la gamma di esperienze di gioco che forniamo come sviluppatori. Ciò ha dato un nuovo significato alla nostra idea di dedizione. Questo è quello che troverete all'interno di questo progetto. Ed ecco perché ho voluto farlo. Non importa il come.

Un gioco non è un gioco se non è divertente. Anche con un po dramma. "Sviluppatore: Platinum Games". Un annuncio che se non è drammaticamente divertente, allora qual'è il punto? Questo è ciò che conta davvero.

Al VGA avevamo pronto solo un trailer, ma ad altri eventi come E3 e TGS siamo stati in grado di mostrare estesamente il nostro gioco al largo in una cabina predisposta per tonnellate di appassionati pronti a provare una demo. Per fortuna, il feedback che abbiamo ricevuto dai fan presso entrambi gli eventi è stato molto positivo. Siamo riusciti a intravedere in fondo alla strada i frutti della nostra "dedizione". Detto questo, sapevamo che non eravamo ancora arrivati al capolinea.

Ho accennato in questo post ad alcune delle tensioni interne che abbiamo dovuto affrontare, ma dopo l'annuncio quest'anno è stato davvero pieno zeppo di sangue, sudore, lacrime e risate. Ogni giorno è stata una sfida e scommetto che il personale ha lavorato a velocità tripla in questo progetto. Sarete in grado di sentire quello che stavano vivendo abbastanza presto, direttamente dalle loro parole, qui su questo sito.




Resta ancora un po 'di tempo prima del rilascio di Metal Gear Rising. Spero che la serie di post futuri vi farà avvertire quel senso di "allora ... questo è ciò che i creatori pensavano mentre realizzavano il gioco."  Nell'attesa che il gioco sia definitivamente rilasciato.




Una precedente intervista a Atsushi Inaba (sottotitolata in inglese)
contenente molte schermate della demo di 'Metal Gear Rising: Revengeance'



'Metal Gear Rising: Revengeance' - Trailer


Altro trailer (in HD) per 'Metal Gear Rising: Revengeance' - Musica dei Depeche Mode


Tutto pronto per lo Hobbit. Parola di Gollum

Gollum (anche noto come Smeagol)
ComingSoon.net ha pubblicato una intervista a Andy Serkis, l'attore che - pur con l'intermediazione della computer grafica e della performance capture - ha interpretato il personaggio di Gollum (o Smeagol) nella trilogia cinematografica di Peter Jackson dedicata al Signore degli Anelli.

Andy Serkis torna ora a interpretare lo stesso personaggio nel prequel alla trilogia, il film Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato, per il quale proprio oggi è prevista la proiezione d'anteprima mondiale a Londra.

Andy Serkis
Il lavoro che Andy Serkis ha avuto occasione di svolgere sul personaggio di Gollum sembra essere l'aspirazione ideale per ogni attore: un valido attore è quello che scompare di fronte allo spettatore per impressionare il suo pubblico solo attraverso il personaggio che interpreta.

E non si può dire che Serkis sia mai direttamente apparso sullo schermo, né nel Signore degli Anelli che nello Hobbit. Quello che il pubblico ha visto e vedrà ancora sarà sempre e solo Gollum.

Per quanto riguarda il contenuto dell'intervista di ComingSoon.netAndy Serkis rivela che tutte le scene filmate da Peter Jackson che coinvolgono il personaggio di Gollum sono state le prime girate durante la lavorazione del film. Dopo due settimane di riprese, tutto il materiale filmato riguardante Gollum era pronto per essere visionato da Martin Freeman - l'interprete di Bilbo Baggins - per metterlo in grado di concentrarsi al meglio nel calarsi nel suo personaggio.

Preparativi per l'anteprima mondiale dello Hobbit
Un altro punto evidenziato da Serkis nell'intervista è stato quello di una piccola difficoltà contro la quale l'attore si è dovuto scontrare nel ritornare a distanza di anni a interpretare il personaggio di Gollum. Il Gollum filmico era diventato nel frattempo un classico nell'immaginario collettivo.

Per Serkis non è stato facile non farsi condizionare dalle centinaia di imitazioni e parodie del Gollum della trilogia, a cui ha dovuto assistere durante gli anni.

Martin Freeman (Bilbo) e i Nani
Dalla sua Andy Serkis ha l'evoluzione della tecnologia. La tecnica della performance capture si è nel frattempo raffinata e potenziata permettendo risultati ancora migliori e più impressionanti. Infatti, in Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato non c'è solo Gollum fra i personaggi realizzati con questa tecnica ma anche molti altri: i Troll e il Re dei Goblin, per citarne solo alcuni.

Potrete trovare l'intervista completa a Andy Serkis qui.


mercoledì 12 dicembre 2012

Star Wars #1 - Preview

Star Wars #1 - Copertina di Alex Ross
La casa editrice statunitense Dark Horse detiene da tempo l'esclusiva dei diritti per le versioni a fumetti ispirate al mondo di Star Wars, ma ora ha deciso di fare le cose decisamente in grande.

Alle innumerevoli serie e miniserie dai titoli altisonanti come Star Wars The Old Republic, Star Wars Crimson Empire III,   Star Wars: Jedi - The Dark Side (per citare solo le più recenti) si sta per aggiungere l'ultima nata, intitolata semplicemente Star Wars.

E il titolo effettivamente dice tutto. Come è possibile capire da questa anteprima di tre pagine - tratte dal sito Comic Book Resources - la serie Star Wars sembra intenzionata a catapultare il lettore direttamente nel pieno delle atmosfere dei giorni più pericolosi per gli abitanti della galassia lontana lontana. I giorni in cui l'Impero era più forte e potente che mai, i ribelli mangiavano la polvere e la Morte Nera era il simbolo più imponente e terrificante del dominio incontrastato e inarrestabile dell'impero.

La copertina del numero uno della collana Star Wars è disegnata magistralmente da Alex Ross, mentre all'interno troviamo Brian Wood ai testi e Carlos D'Anda alle matite. L'uscita è programmata per gennaio 2013.

Qui sotto le prime tre pagine dell'albo, in anteprima.




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