sabato 6 agosto 2011

Recensione film: Tekken (2010)


Scampolo cinematografico estivo che più scampolo non si può, trash B-movie classificabile in serie b persino rispetto alla stessa serie b, questo film da cui nulla a priori ci si aspetta presenta tuttavia presenta qualche sorpresa: non annoia. Non troppo, almeno.

Beninteso, relativamente parlando... perché piuttosto che col cinema potreste spendere meglio i vostri soldi andando a mangiarvi una pizza. 

Tekken è basato sull'omonima serie di videogames del genere picchiaduro, uno dei primi con grafica vettoriale 3D e che ha esordito come un coinup arcade prodotto dalla Namco nel 1994, proseguendo con vari spin-off, sequels e trasposizioni per console casalinghe.

La premessa narrativa è presto detta: per mantenere l'ordine mondiale e sedare gli istinti ribelli di una popolazione tenuta sotto regime dittatoriale dalla Tekken, potente compania commerciale di stampo patriarcale tutto nipponico, il presidente-dittatore Mishima Zaibatsuch organizza il torneo di combattimento King of the Iron Fist. Nè più né meno che una versione moderna degli scontri fra gladiatori romani al Colosseo, con stessa esaltazione dell'onore dei combattenti, stesse opportunità di scalata sociale per i migliori fra loro e identica funzione di propaganda sul popolo.

Premessa appena abbozzata ma derivata fedelmente da quello che è il videoludico scenario di fondo presentato da tutti i titoli della serie. Ciò detto, tutto procede senza sorprese attorno al collaudatissimo canovaccio della storia di vendetta, passando per vari ammiccamenti trash-adolescenziali che fanno quasi tenerezza per la loro trivialità. Il tutto condito da una fotografia un po' carica nei colori e un tantino confusa nelle luci, di stampo piuttosto televisivo.

I punti di forza del film (sempre relativamente parlando) sono due. I combattimenti sono molto ben coreografati, attentamente pianificati per esecuzione acrobatica, movimenti di camera ed effetti di montaggio in post-produzione. Ciò li rende narrativamente chiari e abbastanza divertenti da seguire, sebbene privi di particolari exploit spettacolari.

Gli attori Jon Foo e Kelly Overton
Il secondo punto di forza è la sceneggiatura, anche questa priva di picchi qualitativi particolari ma costantemente impegnata a fra scorrere ogni elemento con la tempistica e la fluidità narrativa migliore.

Sotto entrambi questi due aspetti il film lascia una impressione di abile pulizia tecnica - anche questa di sapore prettamente televisivo - che ha un che di sconcertante, dato che viene naturale domandarsi se questo mestiere non poteva essere più proficuamente applicato a un soggetto dalle premesse più corpose.

Lo scopo del film sembra non tanto quello di convincere al cinema come lavoro a sé stante ma di aprire nuove successive possibilità di mercato mediatico per il marchio Tekken. In quest'ottica si spiega la scelta (artistica?) della grafica per i titoli di coda, costruiti con un layout a pannelli con tanto di testi posizionati in verticale al centro dello schermo. Come se tutto fosse, insomma, nient'altro che il folder aperto della copertina cartacea di un DVD.







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