sabato 24 settembre 2011

Recensione film: Super 8

Super 8 è una sorta di Steven Spielberg Anno Uno. Film apertamente citazionista che tenta di riprodurre e omaggiare i sapori del primissimo Spielberg e più in generale le atmosfere del cinema di una intera epoca fra fine anni '70 e inizio '80, momento di trasformazione radicale dell'immaginario e del linguaggio filmico.

Aiutati da una tecnologia ben lontana dal livello di maturazione odierna ma che permetteva con incisività crescente la realizzazione di visioni inedite (sopratutto grazie al fatto che il millimetrico controllo elettronico dei movimenti di camera apriva la strada a fotocomposizioni di grande complessità) una schiera di nuovi registi si cimentò in quegli anni in innumerevoli produzioni che potremmo definire di cinema dell'ingegno.

Film che portavano sullo schermo illusioni mai viste prima, realizzate di volta in volta con soluzioni tecniche fantasiose.

Il risultato a lungo termine di questo cambiamento di paradigmi nei metodi e linguaggi, fu l'abbandono definitivo dell'idea che il cinema dovesse riprodurre la realtà. La piena presa di coscienza di quella che è stata la natura stessa del cinema fin dal suo esordio, ossia che sullo schermo c'è solo tutto ciò che la cinepresa può illuderti sia reale.

Il fermento creativo di quegli anni aveva qualcosa di intrinsecamente magico e andava perciò accompagnato con una opportuna poetica a livello tematico e narrativo. Hollywood la trovò in Steven Spielberg o George Lucas (ma anche in alcune produzioni minori di Francis Ford Coppola) e la mutuò pari pari in innumerevoli pellicole.

Questa rivoluzione portò così anche a un secondo risultato - più a breve termine - radicando nell'immaginario degli spettatori una serie di schemi e convenzioni immediatamente riconoscibili. Atmosfere Spielbergiane, appunto, che oggi ritroviamo omaggiate - persino a livello di colonna sonora o di look delle locandine - in questo Super 8 diretto da J. J. Abrams.

Devo ammetterlo, sono estremamente entusiasta del film e me lo sono goduto in ogni istante della visione. Ma devo essere anche obiettivo e dichiarare apertamente che è un film abbastanza vuoto e tutt'altro che riuscito.

Qualsiasi recensione positiva di Super 8 non può esimersi dal tener presente il fulcro nostalgico, citazionista e fine a sè stesso di questa pellicola. Chi non si senta intrigato da questo presupposto ricaverà dalla visione soltanto un comprensibile senso di sonnacchioso déjà vu e non c'è molto altro che gli si possa dire per fargli cambiare idea. Perché Super 8 riesce abbastanza bene a riportare pedissequamente sullo schermo solo il secondo livello di poetica - puramente esteriore - di quell'epoca.

Sostanzialmente il racconto è costruito esclusivamente per accumulazione di simboli dell'immaginario d'annata: provincia americana, ragazzini curiosi e sboccati ma in fondo anche tanto ingenui, biciclette, militari monolitici e arroganti, famiglie allo sbando, incomunicabilità generazionale raccontata dal punto di vista dei bambini, televisioni perennemente accese, walkie talkie, trenini elettrici, camerette zeppe di modellini, fumetti, locandine filmiche e... tutto! C'è proprio tutto. Tutto quello che avete visto come materiale narrativo di base in film come Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, E.T. l'extra-terrestre, I Goonies, Gremlins, eccetera. C'è tutto questo... e basta.

L'operazione nostalgia di Super 8 è viziata all'origine. Il passato è passato e difficilmente un qualsiasi film potrebbe rivitalizzare la magia del mai visto prima che caratterizzava l'epoca. Sarebbe certo irragionevole (per esempio) andare a disturbare Carlo Rambaldi per fargli realizzare una nuova creatura aliena, ma vedersela poi materializzare in CGI dentro un film con questi intenti ha un effetto distruttivo di ogni credibilità dell'atmosfera.

Ciò che è abbastanza grave è che a parte qualche timido tentativo molto superficiale, Super 8 neanche prova a riproporre il livello più sostanziale della magia d'annata. Il titolo cita l'aneddoto dello Spielberg ragazzino che mandava a scontrare trenini elettrici per riprendere catastrofi ferroviarie su pellicola super 8, e una catastrofe ferroviaria è l'evento di avvio del racconto come anche lo è il fatto che l'unico testimone affidabile di eventi incredibili sia la cinepresa stessa.

Ma anche in questo caso si tratta solo di simboli esteriori, non centrali per la trama e inefficaci per irretire lo spettatore. Simboli da iniziati che sono di fatto gli unici elementi che, molto goffamente, tentano di suggerire il significato profondo di una trasformazione d'epoca ormai pienamente completata e perciò depotenziata di ogni fascino.



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