lunedì 1 agosto 2011

Recensioni: Capitan America - Il Primo Vendicatore

Diciamocelo subito: questa non è la migliore trasposizione filmica di un personaggio dei fumetti Marvel Comics ma poco ci manca.

Se all'annuncio dell'uscita del film avete pensato "Oh no, un altro film sui supereroi!" dovrete ricredervi. Non rischierete certo la noia perché stavolta è stata messa davvero molta cura per dare spessore narrativo al personaggio principale, quanto basta perché l'intera pellicola ne venga trainata a dispetto di qualche buco logico nella sceneggiatura. Complessivamente una trasposizione molto molto più convincente di quella recentemente dedicata a Thor.

Ma diciamoci anche un'altra ben più cruda verità, del resto già facilmente intuibile visionando il materiale promozionale che ha preceduto l'uscita al cinema, e cioè che Capitan America - Il Primo Vendicatore (Captain America - The First Avenger) è un film capace di mandare in brodo di giuggiole i fans dei fumetti Marvel e di farsi al contempo seguire con molto piacere anche dal resto del pubblico non introdotto al personaggio, ma non tenta neanche di andare oltre il livello del puro intrattenimento.

La formula è ormai definitivamente invertita rispetto alle prime trasposizioni curate dai Marvel Studios. Non ci si arrischia più a scontentare gli appassionati dei fumetti mentre si prova a convincere visceralmente un pubblico più vasto (di solito con risultati pessimi sull'uno e sull'altro fronte ma con rare pregevoli eccezioni che fanno dimenticare i ben più frequenti scivoloni) ma si tiene sempre ben presente che la base irriducibile di pubblico è quella dei fans dei comic-books e che a loro vanno donati - a piene mani e con furbissima pianificazione di marketing - suggestioni e rimandi visivi e narrativi saldamente ancorati all'immaginario di carta.

Nessuna scelta artistica particolare, quindi, neanche nella pregiata fotografia che pure avrebbe concesso spazio per osare di più data l'ambientazione anni '40 (pur trasfigurata dalla ricca introduzione di anacronismi fantastici derivati dal Marvel Universe), ma sicuramente una sceneggiatura solidamente funzionale e interpretazioni superiori alla media rispetto ad altre trasposizioni supereroistiche.

L'aspetto più rilevante del film è che si è fatto veramente molto per presentare in modo credibile e tridimensionale l'uomo Steve Rogers, prima che ancora il suo alter ego in calzamaglia, indugiandovi per metà del film. La transizione di Rogers in Captain America è stata introdotta con lenta gradualità, a beneficio della credibilità narrativa e col vantaggio ulteriore di riuscire nel contempo a creare godibili richiami iconici alla storia editoriale del personaggio nelle sue versioni fumettistiche dell'epoca della seconda guerra mondiale.

Tutto ciò ha occupato troppa parte del film a discapito della adeguata presentazione degli antagonisti del capitano, il Teschio Rosso e Armin Zola, che risultano frettolosamente introdotti nonostante la bravura dei loro interpreti Hugo Weaving  e Toby Jones. Difetto avvertibile ma che d'altronde pesa poco sull'efficacia complessiva della narrazione, dato che anche lo scontro finale manca - forse persino volutamente - di particolare epicità. Il che ci porta alla vera debolezza del film, quella d'essere stato pensato, senza che ciò sia esplicitamente dichiarato, quasi unicamente come prequel al film sugli Avengers che vedremo l'anno prossimo. Il tempo ci dirà se l'operazione è riuscita, ma per ora ci resta un lieve senso di incompiutezza.

Chris Evans nei panni di Steve Rogers/Captain America è abbastanza efficace e convincente, ben lontano dall'odiosa interpretazione-macchietta cucitagli giocoforza addosso con il ruolo di Torcia Umana nelle due puerili trasposizioni filmiche dedicate ai Fantastici Quattro. Certo c'è da chiedersi come potranno i suoi evidenti limiti interpretativi reggere il passo quando l'attore si troverà affiancato - nel futuro film sugli Avengers - al ben più artisticamente dotato Robert Downey Jr. nel ruolo di Iron Man.

Anche in previsione di questo, forse, la prima parte del film dedicata allo sviluppo di Steve Rogers è stata più curata di quella successiva centrata maggiormente sull'icona Captain America. E' evidente che Chris Evans riesce a rendere molto più credibile la vulnerabilità psicologica dell'uomo Steve Rogers di quanto non renda epico e carismatico il Capitano, ma c'è da chiedersi se non sarebbe stato meglio selezionare qualche altro attore come protagonista.

Semplicemente senza confronti la recitazione di Tommy Lee Jones. E molto convincente anche quella di Hayley Atwell che nel ruolo di Peggy Carter rompe con la tradizione di questo genere di film che di norma ci presenta una protagonista femminile principale assolutamente insipida. Semmai, a confronto del protagonista maschile, qui il problema è ribaltato e l'ottima interpretazione della (politicamente corretta) donna con gli attributi assegnata come ruolo ad Hayley Atwell contribuisce non poco a evidenziare i limiti recitativi di Chris Evans. Carismatica anche l'interpretazione di Stanley Tucci, ossia lo scienziato Abraham Erskine inventore del siero del supersoldato.

Straordinaria l'interpretazione di Toby Jones, capace di imprimersi nella memoria molto più di quella pur notevole di Hugo Weaving  e a dispetto dello scarso approfondimento imposto dalla sceneggiatura per il personaggio di Armin Zola. Anche qui c'è da fare una considerazione a parte riguardo la percezione del personaggio che potrebbero sperimentare i fan dei fumetti. L'ampia fronte di Toby Jones, accentuata dalla parziale calvizie, è là per tutto il tempo a ricordarci la peculiare caratterizzazione grafica dell'Armin Zola dei fumetti (che di Capitan America è un arcinemico storico) e a far sperare di vedere da un momento all'altro Jones trasformarsi, anche solo en passant, nell'intrigante supercattivo. Aspettativa ovviamente delusa per ragioni superiori di economia del racconto.

Menzione d'onore per Neal McDonough che, se non a costo di un palesemente posticcio make up di scena, non ha esattamente il phisique du role del personaggio che interpreta, quel Timothy Dugan - alias Dum Dum - dei fumetti di guerra dedicati agli Howling Commandos, ma che ciò nonostante riesce a bucare lo schermo persino in un ruolo assolutamente secondario.

Tanto per dirne una Neal McDonough ha un sereno sorriso naturale permanentemente stampato in volto, in contrasto con la burbera caratterizzazione di Dum Dum che è poi l'unico tratto distintivo di un personaggio per il resto mai dotato di spessore nella sua versione cartacea. McDonough è stato probabilmente scelto in questo ruolo sopratutto a causa della sua precedente partecipazione nella serie televisiva bellica Band of Brothers (ispirata al film Salvate il Soldato Ryan e girata con le stesse iperrealiste tecniche di ripresa), creando così nello spettatore una immediata associazione mnemonica con il ruolo ricoperto.

Nick Fury nel Marvel Universe Ultimate e nei film
Semmai la presenza di questo personaggio provoca qualche problema ai Marvel fans, che potrebbero trovarla piacevole e disturbante assieme, quasi una intrusione che rischia di infrangere la sospensione dell'incredulità per la narrazione. Questo perché il Timothy Dugan nei fumetti è da sempre fedele braccio destro della versione tradizionale di Nick Fury che è ben distinta dal nuovo Nick Fury di colore della linea revisionista Ultimate del Marvel Universe. Ossia quello servito da stampo (o è il contrario?) per il Nick Fury/Samuel L. Jackson che compare nella sequenza finale del film.

Assolutamente inutile l'onnipresente 3D. Non perché tecnicamente malvagio ma davvero superfluo in un film che pur non mancando di spettacolarità non punta in modo poi così prevalente su quella. Quel che è peggio è che è risulta davvero stonato in associazione con l'ambientazione d'epoca, risultando efficace solo nei titoli di coda, questi ultimi molto godibili e realizzati in forma di animazione con una grafica che richiama i manifesti di propaganda bellica.

Come da contratto infine la solita comparsata di Stan Lee che stavolta recita una battuta con un che di tristemente ironico. Me lo immaginavo più alto (se non ricordo male) dice nel film il sorridente Stan Lee. Ecco, io immaginavo che almeno stavolta un piccolo piccolo piccolo cameo dedicato a Jack Kirby, vera anima artistica di Captain America sia durante che dopo la guerra, sarebbe stato introdotto nel film.




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