martedì 2 luglio 2013

Game of Thrones (Cronache del Ghiaccio e del Fuoco) - La genesi dei Sette Regni.

In occasione della messa in onda, ormai conclusa, della terza stagione del serial TV Game of Thrones - basato sulla serie di romanzi fantasy di George R. R. Martin complessivamente noti come Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (A Song of Ice and Fire) - vi propongo alcuni estratti di una intervista rilasciata da George R. R. Martin all'epoca della pubblicazione negli Stati Uniti del terzo romanzo della serie.

La prima metà del terzo romanzo (A Storm of Swords) racconta gli eventi su cui si concentra anche la terza stagione del serial TV, mentre la successiva quarta stagione della serie TV dovrebbe ricoprire gli eventi narrati nella seconda metà del terzo romanzo. L'intervista qui riportata è interessante proprio perché rilasciata quando la serie di romanzi era, grosso modo, nello stesso stato di avanzamento della narrazione in cui oggi si trova il serial TV.

Si tenga presente che parlando di romanzi della serie, si fa riferimento alle edizioni statunitensi, dato che nella traduzione italiana ogni libro originale è stato spezzato in almeno due, quando non persino tre, volumi. In fondo all'articolo troverete la lista completa dei volumi fino a oggi pubblicati in Usa e i titoli delle corrispondenti edizioni italiane.


George R. R. Martin
Perché A Song of Fire and Ice? Perché hai scelto un così grande concetto?
Avevo voglia di fare qualcosa di grande. Ho lavorato in TV per 10 anni. I film per la televisione sono molto limitanti: per uno show di un'ora hai solo 46 minuti. Stai sempre là a tagliare, tagliare, tagliare. I film sono un po' più lunghi, due ore o almeno un centinaio di minuti. Volevo fare qualcosa di più ampio, qualcosa di epico senza dovermi preoccupare di quanto grande sarebbe stato. Qualcosa dove poter aggiungere personaggi senza economizzare sulla trama e dove poter gestire un cast di migliaia di persone. Non avrei neanche dovuto preoccuparmi di questioni di bilancio. E' stata quasi una reazione ai miei 10 anni in TV.

Non hai trovato il tutto scoraggiante? Avevi realizzato la portata di ciò che stavi per intraprendere?
Inizialmente sapevo che sarebbe stata qualcosa di dimensioni immense, ma non sapevo quanto grande. Quando ero ancora nelle primissime fasi, stavo progettando tre libri di circa 800 pagine manoscritte, che sarebbe comunque stato qualcosa di più grande di qualsiasi altra cosa avessi mai scritto. Beh, il primo libro è risultato lungo 1100 pagine, il secondo 1.200 pagine e il terzo supera le 1500 pagine manoscritte. E ci sono altri tre libri, per un totale di sei libri (Nota del traduttore: ora invece i libri annunciati per la serie sono divenuti sette), tutti molto più grandi di quanto originariamente concepito. Ho già superato le mie aspettative iniziali.

Sapevi dove stavi andando o sei semplicemente partito da un punto e da lì ti sei incamminato? 
In realtà, ho iniziato nel 1991, durante una pausa, mentre stavo ancora lavorando a Hollywood e stavo anche lavorando a un altro libro, un libro di fantascienza che avevo sempre voluto scrivere. Quindi stavo lavorando su quel libro, quando improvvisamente il primo capitolo A Games of Thrones - non il prologo, ma proprio il primo capitolo - è venuto da me. La scena dei lupi neri nella neve d'estate. Non sapevo da dove venisse la scena o in che direzione portasse, ma partendo da là il libro sembrava di volersi scrivere da solo. Da lì ho capito quale sarebbe stato il secondo passo, il terzo e così via. Alla fine, ho interrotto ogni altro lavoro per disegnare alcune mappe e lavorare su un po' di materiale di fondo.

E sugli alberi genealogici? 
Anche su quelli.

Beh, di certo hai un cast di migliaia di persone. 
Si, ci stai andando molto vicino.

Ma stai procedendo a ucciderli a un ritmo piuttosto sostenuto nel terzo romanzo. 
Le guerre hanno questo effetto collaterale, sì, e ho notato che accade anche nella vita reale. Ma mai nella fantasia, fatta eccezione per la morte degli orchi.

Ti ritrovi mai a preoccuparti di scrivere troppo? 
A volte, mentre combatto per finire un libro, ci sono momenti di panico e dubbio. Ma questo è vero anche quando scrivi libri più corti. Ci sono giorni in cui ti trovi a detestare tutto ciò che hai fatto e giorni in cui tutto sembra essere la cosa più geniale che tu abbia mai scritto. Io vedo tutto ciò come parte integrante del processo di scrittura. Finora sono ancora molto entusiasta per la serie che alla fine limiterò a sei libri (Nota del traduttore: come già detto, i libri annunciati per la serie sono divenuti sette), quindi non si estenderà all'infinito. Sarà una storia enorme, certo. Ma con il cast che ho e la direzione che sto prendendo, deve essere necessariamente massiccia.

Da dove trai l'ispirazione?
Certamente ci sono altre storie di fantasia fra le fonti di ispirazione. John R. R. Tolkien ha avuto su di me una delle più grandi influenze, quando ero un ragazzino. Tutti i generi di letteratura immaginativa ne hanno avuta. In tutta la mia carriera, lettori e recensori hanno fatto un gran parlare di me sul fatto che stavo abbandonando un genere o un altro. "Ha smesso di scrivere fantascienza e sta scrivendo horror". "Ha smesso di scrivere horror e ora scrive racconti". Non mi è mai importato molto di questo chiacchiericcio. Da ragazzo ho letto un sacco di cose. Una settimana H. P. Lovecraft, la successiva Jack Vance.

Tutta la letteratura di fantasia, o - come la chiamava mio padre - la roba strana. Per me tutto era del genere "roba strana". Non ho mai tracciato distinzioni nette tra fantascienza, fantasy o horror. Era tutta roba buona. Fritz Lieber, Jack Vance, Maervyn Peake, eccetera. Ma c'è stata anche la storia e la fiction storica. Amo il romanzo storico, ma col romanzo storico ho un problema. Conosco un bel po' di storia e so già come il romanzo storico andrà a finire. Non mi piace sapere. Mi serve la suspense, la tensione. Volevo qualcosa che avesse la portata del romanzo storico senza la limitazione di conoscerne già il finale.

La barriera, gli Estranei... da dove vengono questi elementi della storia? Sono trovate funzionali alla trama, poi cresciute a dismisura, o sono qualcosa di più profondo?
Alcuni di questi elementi verranno meglio svelati più avanti, nella trama della serie, quindi non voglio parlare molto di questi aspetti, ma di certo la Barriera è ispirata dal "Vallo di Adriano", che ho visto durante la visita in Scozia. Mi trovavo sul Vallo di Adriano e ho cercato di immaginare che poteva significare essere un soldato romano inviato qui dall'Italia. Stare qui a scrutare in lontananza, non sapendo cosa potrebbe emergere dalla foresta. Naturalmente, la fantasia è la roba dai colori vivaci e tutto dev'essere più grande di com'è nella vita reale, quindi il mio muro è più grande e molto più lungo e più magico. E, naturalmente, ciò che si trova al di là di esso deve essere qualcosa di molto più che dei semplici scozzesi.

Una cosa che ho notato sono i contrasti deliberati. Non tanto il bene contro il male, ma più il contrasto tra percezione e realtà. I cavalieri, le idee della Barriera e del "prendere il nero," il concetto di nobiltà contro la bruttezza. 
Certo, così come un certo numero di altri aspetti analoghi a quelli che hai citato. In qualche misura stavo scrivendo come reazione ad altre fantasie. E' sempre la questione del bene contro il male. Tolkien ha iniziato su questa strada e ha lavorato abbastanza magistralmente, ma i suoi successori non hanno creato cose così egregie. Credo che la battaglia tra il bene e il male è certamente un'epica valida, ma credo che la battaglia è molto più interessante nella vita reale che nella fantasia. Sono particolarmente irritato da quelle fantasie in cui si può sempre individuare con certezza quali siano i "cattivi", perché sono sempre brutti e vestono di nero.

Ecco perché ho volutamente forzato gli stereotipi inventando i Guardiani della Notte. Sono feccia criminale ma sono anche eroi, e poi si vestono proprio di nero. Ho voluto giocare un po' con la convenzione. Per quanto riguarda i cavalieri, penso che sia un'altra questione interessante. Non riguarda solo la fantasia, ma la nostra storia. Abbiamo sempre avuto una classe di "protettori". La Chiesa ci ha suddiviso in classi: gente comune e cavalieri... e quei cavalieri si supponeva dovessero proteggere la gente, con la Chiesa a pregare per entrambi. Il lavoratore, il prete e il combattente. Naturalmente, il modo in cui spesso tutto ciò ha funzionato è che il popolo dei contadini ha avuto spesso più bisogno di proteggersi dai suoi stessi protettori. Penso che in questo elemento ci sia già una storia "potente". Gli ideali cavallereschi incarnano alcuni dei più belli ideali che la razza umana abbia mai escogitato. La realtà era un po' meno ideale, spesso diversa in modo davvero orribile. E questo, naturalmente, è altrettanto vero nei Sette Regni.

Questo tema è abbastanza evidente con alcuni personaggi, ad esempio i fratelli Clegane. In verità Sandor Clegane si sta trasformando in un personaggio molto interessante. 
Sandor è una spada a noleggio e non si crea delle scuse per esserlo. In molti modi è solo altrettanto brutale come suo fratello, ma lui non sottoscrive l'ipocrita pretesa di essere un cavaliere.

Una cosa che ho trovato particolarmente interessante è quanto sei stato abile a mantenere in moto una trama abbastanza sconnessa, utilizzando molti elementi di uguale interesse. In un punto ho contato sei o sette diverse sottotrame. Ora che hai fatto fuori un paio di Re, il numero di sottotrame è leggermente inferiore, ma stai ancora lavorando su varie linee di narrazione. In particolare sulla storia di Daenerys, a un continente di distanza dalla quello su cui si svolge la storia centrale. 
Beh... alla fine anche quella trama si fonderà col resto.

E' praticamente impossibile sapere con certezza quali personaggi o trame rimarranno centrali per la storia e quali non lo saranno. 
Lieto che il tutto funzioni. Di certo non ho voluto cadere vittima di quello che è il pericolo più grande nella scrittura con punti di vista multipli. Il lettore potrebbe diventare più interessato a uno dei punti di vista presentati, rispetto agli altri, fino al punto di saltare quei capitoli che non rivestono per lui molto interesse. Ho voluto evitare questo e ho cercato di rendere tutto interessante a modo suo. Ho acquisito una grande esperienza nel far questo curando la serie antologica Wild Cards (Nota del Traduttore: ne ho parlato in questo articolo).

Se conoscete la serie Wild Cards, saprete già che per ogni due libri, contenenti storie indipendenti di diversi autori, ne viene scritto un terzo in cui le storie vengono fuse assieme in un universo narrativo condiviso. Ogni terzo libro era un libro-mosaico dove abbiamo avuto anche sei o sette autori impegnati a raccontare, ognuno dal proprio punto di vista, le vicende degli stessi personaggi. Io ero l'editor della serie, o meglio, il direttore di questo manicomio. E' stato interessante perché abbiamo avuto personaggi che hanno incrociato le loro strade e svolto funzioni di collegamento fra le varie trame. Così, quando ho iniziato a scrivere A Game of Thrones è stato proprio come essere di nuovo l'editor di Wild Cards, con la differenza che stavolta c'ero solo io a scrivere tutte le parti.

Trovi sia difficile mantenere tutte le trame di ugual livello? Ti ritrovi a favorirne una rispetto all'altra? 
Certo, alcuni personaggi sono più facili da scrivere rispetto ad altri. Sono tutti miei figli in un certo senso. Anche i cattivi. E ovviamente ho i miei preferiti. Tyrion Lannister è il mio preferito. E' il personaggio "grigio" dalle sfumature più grigie. Lui è sempre dalla parte sbagliata, ma non si può che approvare alcune delle cose che sta facendo, mentre si può provare disgusto per altre. Lui è molto intelligente e spiritoso, e questo lo rende divertente da scrivere.

Tyrion è un personaggio molto ben sviluppato. Ho notato, in particolare, che nonostante tutti i suoi difetti, ha alcuni confini che persino lui ha deciso di non attraversare. Gli è stata sicuramente riservata la pagliuzza più corta e tuttavia ancora non ha violato quei valori personali.
Almeno non lo ha fatto dal suo punto di vista. Tyrion, inoltre, non si identifica molto con la sua famiglia. Questa è una lotta familiare. Il continente occidentale non è l'Inghilterra Medievale ma, nelle letture di storia, una delle cose che resta impressa è che la mentalità medievale era molto diversa e sto cercando di trasmettere proprio questo. Penso che questo aspetto si sia perso nella fantasy moderna. Puoi trovarvi gente che corre a cavallo e vive in castelli, ma di fatto vive in un ambiente molto moderno. Puoi persino leggere di contadini che insolentiscono principesse e una certa indifferenza verso gli aspetti religiosi.

Non posso dire di aver dipinto un quadro completo della mentalità medievale. Non l'ho fatto e non l'ho voluto fare. In effetti penso che, se ci avessi provato, sarebbe stato un esercizio troppo alieno. Ma ho cercato di trasmettere alcuni aspetti di quella mentalità. Uno di questi aspetti è che all'epoca non avevano il nostro attuale senso di nazionalismo. Non si sentivano, per esempio, inglesi. Erano piuttosto cittadini di una città o di membri della propria famiglia. Non avevano il senso del Paese che abbiamo noi. Avevano piuttosto molto a cuore la questione della legittimità del potere del sovrano. Il Re era visto come un avatar di Dio, qualcuno inviato da Dio, che governava "per grazia di Dio". Ed è proprio da Dio che "la sua grazia" proviene.

Naturalmente ho notato che la questione della successione al trono è affascinante. E' raro trovare un autore che è disposto a uccidere così tanto del suo cast, a prescindere dalla percezione del personaggio da parte dei lettori, allo scopo di far avanzare la storia. Ma voglio tornare indietro, a un commento che hai fatto prima sulla differenza tra la scrittura per la televisione e la scrittura di un romanzo. Hai suggerito che la portata e l'ampiezza a disposizione del romanzo rende più facile scrivere, ma cosa c'è invece che è più facile quando scrivi su formati più brevi?
Le sceneggiature televisive sono una forma più facile perché non devi preoccuparti per la prosa. Quando si scrive un romanzo, invece, si è un po' di tutto - scrittore, produttore, tecnico degli effetti speciali - ma devi fare tutto con la prosa. Scegliere le parole giuste è difficile. Una sceneggiatura la consegni ad altre persone che ti aiutano mettendo al lavoro i loro talenti speciali. E' un modo di lavorare diverso, sicuramente, ma più facile in qualche modo.

Posso però presumere che i vincoli di tempo aggiungano un po' di stress al caso della scrittura di sceneggiature?
Credimi! Ci sono vincoli di tempo anche nello scrivere un romanzo. Ho più tempo, ma devo scrivere molta più roba.

Prima di iniziare questa serie, eri conosciuto soprattutto per racconti e romanzi brevi. È qualcosa che tornerai a scrivere?
Certo, se riesco a trovare il tempo. In realtà, ho fatto scritto un romanzo breve di recente, Il cavaliere errante, che è apparso nella antologia Legends (Nota del traduttore: questo romanzo breve è ambientato nello stesso universo narrativo delle "Cronache del Ghiaccio e del Fuoco" ma racconta eventi che si svolgono un centinaio di anni prima).

Mi piacerebbe scrivere alcuni seguiti a quel romanzo breve. Mi piacciono molto i due personaggi presentati nel romanzo e mi piacerebbe raccontare qualche altra loro storia, probabilmente in una serie di due o tre romanzi collegati. E' solo questione di trovare il tempo per farlo. E il tempo scarseggia.

Ecco una domanda che può forse sembrare ingiusta. Quale dei tuoi colleghi contemporanei pensi abbia uno stile di scrittura che corrisponde più da vicino al tuo?
Non conosco nessuno che scrive in modo abbastanza simile a come scrivo io. Ci sono altri scrittori che probabilmente piacerebbero ai lettori ai quali piace il mio lavoro. Jack Vance, per esempio. Ho provato a scrivere come Jack, ma non credo di esserci riuscito. La serie fantasy di Tad William - che per me è stata molto influente - è anche quella un buon lavoro (NdT: Il "Ciclo delle tre spade"). Quando ho letto i suoi libri ho cominciato a desiderare di scriverne uno dei miei.

Fonte: SF Site


I Romanzi della serie Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (A Song of Ice and Fire)

1) A Game of Thrones (1996).
Tradotto in Italia in due volumi: Il Trono di Spade e Il Grande Inverno.
La storia copre gli eventi riportati anche nella Stagione 1 della serie TV Game of Thrones

2) A Clash of Kings (1998).
Tradotto in Italia in due volumi: Il Regno dei Lupi e La Regina dei Draghi.
La storia copre gli eventi riportati anche nella Stagione 2 della serie TV Game of Thrones

3) A Storm of Swords (2000).
Tradotto in Italia in tre volumi: Tempesta di Spade - I Fiumi della Guerra - Il portale delle Tenebre

La Stagione 3 della serie TV Game of Thrones copre solo la prima metà degli eventi di questo libro. Gli eventi della seconda metà del libro dovrebbero essere oggetto della futura Stagione 4.

4) A Feast for Crows (2005).
Tradotto in Italia in due volumi: Il Dominio della Regina - L'Ombra della Profezia

5) A Dance with Dragons (2011).
Tradotto in Italia in tre volumi: I Guerrieri del Ghiaccio - I Fuochi di Valyria - La Danza dei Draghi

6) The Winds of Winter 
Di futura pubblicazione.

7) A Dream of Spring
Di futura pubblicazione.

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