sabato 15 ottobre 2011

Recensione: Deathstroke #1 (The New 52)

Non ha molte pretese questo titolo, anzi non ne ha nessuna.

E' puro intrattenimento e la copertina di Simon Bisley racconta già tutto quel che Deathstroke #1 vuole offrirvi. Ma, per dirla tutta, la cover è geniale.

Deathstroke non è certo un eroe perché è un assassino. Antieroe, forse? Cioè quel che ottieni quando metti un bastardo al centro della scena e senza nessuno che possa contrastarlo?

La cover di Bisley è chiaramente ispirata a un famoso dipinto realizzato da Frank Frazetta per Conan. Al pari di Conan, Deathstroke non è un sadico. Uccidere, per lui fa solo parte dell'ordine naturale delle cose e non è un piacere ma un lavoro. Perciò questo mercenario decisamente non è neanche un antieroe.

"Velocità, forza e funzioni cerebrali superori... tutto potenziato. E uno stratega di prim'ordine". Così si descrive Slade Wilson, alias Deathstroke, nella pima pagina dell'albo, e questo è esattamente ciò che il personaggio è, e che ha da offrire. Ogni considerazione morale meglio abbandonarla prima della lettura.

Scusi... me lo fa rivedere?
Deathstroke #1 funziona alla grande. La violenza fa parte della storia e viene mostrata senza riserve, eppure non ci si concentra affatto su di essa quanto sull'azione. Ritmo veloce, dialoghi secchi e pungenti, tensioni e stereotipi da film western ripresi innumerevoli volte dal cinema d'azione più moderno.

Una mission impossible da portare a termine (in cambio di denaro, ovviamente) con determinazione, sangue freddo e strategia. Una squadra di supporto composta da uomini altrettanto pronti a tutto. Un piano. Un antagonista da beffare. Una spruzzata di sovrannaturale. Il doppiogioco dei committenti. Esecuzione perfetta dell'operazione e ammazzamenti vari, se necessario anche a colpi di spada (arma preferita da Slade Wilson) piuttosto che di armi da fuoco. Bum, Bang, Slash! Fine.

Lancio di confetti augurali
Deathstroke #1 dichiara di voler offrire questo, e questo offre. Un albo alla Punisher prima maniera, ma senza neanche la morale distorta (e salvifica per il lettore) che muoveva il Punisher.

Testi di Kyle Higgins efficaci, dialoghi rudi e secchi. Disegni meravigliosi di Joe Bennett, molto spigolosi e corredati da una colorazione a tinte calde. Tutto calibrato al meglio per prendere le viscere e far mancare il fiato dalla tensione. Punto e basta.

Impostato così, il titolo funziona e funzionerà ancora per un po'. Poi forse stancherà. Ma non è detto che nel frattempo non lo si approcci in maniera un po' diversa.


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