martedì 11 ottobre 2011

Recensione: Suicide Squad #1 (The New 52)

Per la Suicide Squad (Squadra Suicida, nota anche col nome di Task Force X) questa è la terza incarnazione, dopo quelle del 1959 e del 1986.

La squadra è composta da antieroi riuniti in formazioni molto variabili. Di volta in volta vengono messi assieme vari supercriminali per portare a termine missioni suicide comandate da segretissime intelligence governative. Nella versione dell''86 della Suicide Squad, il coordinamento delle operazioni era affidato a Amanda Waller, massiccia donna di colore che compare anche nel film Lanterna Verde.

La Waller compare anche nelle ultime pagine di questo Suicide Squad #1 ma col fisico più longilineo di quel che aveva in passato, più conforme cioè alla sua versione nel film.

In cambio delle loro prestazioni, i componenti della squadra si vedono promettere la libertà dal penitenziario, ma come pungolo motivazionale ulteriore c'è anche la possibilità che diserzioni e fallimenti vengano puniti con la morte.

Come numero di esordio, Suicide Squad #1 è davvero pessimo. Tanto per cominciare perché più che un numero #1 sembra essere un numero #0. La prima missione della nuova Suicide Squad è infatti ancora al di là da venire. L'unica lunga scena presentata dall'albo è funzionale solo all'introduzione dei componenti della squadra (non tutti interessanti) ed è anche narrativamente irritante nella sua pretestuosità e mancanza di originalità.

Harley Quinn
La composizione della squadra è la sequente: Harley Quinn (equivalente femminile del Joker, letale e folle al pari suo), King Shark (un uomo-squalo apparso spesso come nemico di Superboy o Aquaman), Deadshot (cecchino dalla mira perfetta, creato nientemeno che da Bob Kane), Black Spider (un simil-Spider-Man comparso negli anni '70 come nemico di Batman), Rick Flag (terzo personaggio a portare questo nome, dopo che suo padre e suo nonno sono stati membri delle precedenti versioni della Suicide Squad), El Diablo (versione riveduta e corretta di un vecchio personaggio di serie western) e Voltaic (personaggio ex-novo dotato di poteri elettrici).

La squadra al completo.
Lo sceneggiatore Adam Glass è già relativamente noto per avere trattato in Marvel personaggi come Luke Cage e Deadpool. Ha esordito da poco in DC Comics con alcuni albi connessi all'evento Flashpoint. Questo genio incompreso del thrilling, per Suicide Squad #1 mette in piedi una lunga sequenza di torture di bassa macelleria che loschi figuri mascherati effettuano sui componenti della squadra tenuti prigionieri.

La scena, obiettivamente disgustosa, è intervallata dai flashback di presentazione dei personaggi. E nessuno di loro sembra alla fin fine realmente coinvolgente (eccetto Harley Quinn che è già iconografica di per sé).

Per parte sua, il disegnatore Federico Dallocchio tenta pateticamente di dare lirismo grafico al tutto, adottando stili diversi per ogni flashback. Fra incertezze realizzative e colorazioni altrettanto cangianti ma prive di senso, il risultato genera molta perplessità e irrefrenabili sbadigli.

Il finale? Sorpresa, sorpresa!!! Le torture erano un test di fedeltà. Il governo è ora pronto a mettere la Suicide Squad in campo per la prima vera operazione suicida, preannunciata dalle ultime due pagine (le peggio disegnate di tutte). Vabbè.... lasciamo perdere.

La cosa peggiore dell'albo, però, non è costituita dai testi, o dai disegni, o dai colori. Ma dal fatto che ognuna di queste tre cose è a sé stante. Tre capocce creative che se ne vanno ognuna per la sua strada. Tre albi in uno! Approfittatene.

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