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martedì 18 ottobre 2011

Recensione: Green Lantern Corps #1 (The New 52)

Altra serie che si inserisce nell'universo narrrativo di Green Lantern, anzi delle Green Lanterns.

Questa Green Lantern Corps dovrebbe occuparsi dell'intero corpo di poliziotti galattici, dotati di anelli color smeraldo, che conta almeno 7.200 membri. Ma il titolo per ora finisce per focalizzarsi solo su Guy Gardner e John Stewart, le due Green Lanterns della Terra (Hal Jordan a parte).

Ai testi troviamo Peter J. Tomasi che aveva già curato in passato lo stesso titolo e che si era anche occupato di scrivere la serie mensile per  Guy Gardner (Emerald Warriors).

Sebbene in Green Lantern Corps #1 non venga fatto alcun reboot dello scenario di base per il corpo, Tomasi usa un espediente efficace per ben introdurre i personaggi a beneficio dei nuovi lettori. Prima di spararli su, nello spazio, li colloca a terra mettendoli nella stessa condizione in cui si trova Hal Jordan al momento: quella di persone che tentano di condurre una vita normale.

Bello progettare i palazzi così
Vediamo così Gardner affrontare un colloquio di selezione del personale per trovare infine lavoro solo come allenatore sportivo di una squadra scolastica, mentre scopriamo Stewart ingaggiato come progettista edile ma molto frustrato dal dover combattere contro la burocrazia.

Scene che riescono a farci subito comprendere come il ruolo naturale in cui collocare entrambi i personaggi sia esclusivamente quello di membri del corpo delle lanterne.

In apertura dell'albo, una scena raccapricciante introduce una nuova minaccia. Un essere sanguinario uccide alcune Lanterne Verdi, ma quel che è peggio è che costui pare del tutto inattaccabile dal potere degli anelli. Gardner e Stewart tornano perciò su Oa per rispondere alla chiamata di soccorso.

In chiusura dell'albo viene mostrata tutta la furia distruttrice dell'antagonista, ben comunicando al lettore il reale livello di pericolosità della situazione.

Il vero posto per Guy e John
Ritmo diretto, efficace e pieno di pathos, nonché plastico e spettacolare nei disegni di Fernando Pasarin. L'albo funziona egregiamente sia per i vecchi che i nuovi lettori, anche grazie a tavole che sono una vera gioia per gli occhi e che sono splendidamente rifinite da chine dettagliate e ottima colorazione.

Nessun reboot, quindi, ma solo l'aggiunta di un ennesimo tassello per il sempre più vasto mosaico galattico che la mitologia delle lanterne sta componendo da anni. Ci si preoccupa solo un po' di più del solito di condurre per mano, dentro questo meravigliosa composizione, anche le nuove schiere di lettori.


martedì 27 settembre 2011

Recensione: Batman and Robin #1 (The New 52)

Nel 1988 i fans di Batman si indignarono non poco per l'uscita della graphic novel Il Figlio del Demone, nella quale Bruce Wayne ebbe una relazione amorosa con Talia al Ghul (detta anche Talia Head).

Con la conseguenza che - Bruce, dovevi stare più attento - dall'unione nacque Damian Wayne.

Disturbare il guardiano di Gotham tutto casa e lavoro con questo genere di impicci sembrò inopportuno ai lettori, che infatti protestarono vivamente. DC Comics ripiegò classificando Il Figlio del Demone come Elseworlds (storia alternativa non inserita nella cronologia ufficiale) e Batman potè tornare alle sue normali attività di repressione del crimine.

Cinque anni fa però lo sceneggiatore Grant Morrison recuperò Damian riportandolo nella cronologia ufficiale, nonché insediandolo con pieno titolo filiale nella casa di papà Wayne. Tralasciando di raccontare altri eventi successivi, prima del reboot DC Comics si era giunti al punto che questo Damian Wayne aveva assunto ufficialmente il ruolo di Robin.

Capolavoro di caratterizzazione : Bruce spiega a Damian
che per onorare il ricordo in vita dei genitori, non
commemorerà più la data del loro assassinio, ma delle loro nozze
Quindi in Batman and Robin #1 i protagonisti sono molto di più che semplicemente Batman e la sua fedele spalla, perché la relazione padre/figlio consente interazioni del tutto inedite fra i componenti del dinamico duo. La domanda più interessante, a cui si cerca istintivamente risposta appena si comincia a leggere l'albo, è quindi: di quali interazioni si tratta?

A differenza degli altri Robin, Damian Wayne non è esattamente quello che si potrebbe definire un simpaticone. E' sprezzante, acido e cinico. Nella sua (molto) giovanile arroganza può essere persino pericoloso per sé e per gli altri. Il contrasto Batman/Robin perciò non è più impostato attorno a differenze caratteriali (Batman tenebroso, Robin scanzonato e solare) ma più sulla differenza anagrafica.

Non c'è propriamente un conflitto aperto fra i due, ma la competizione generazionale viene portata all'estremo. Scelta adattissima a non sciupare l'enorme potenziale narrativo implicito nella situazione padre/figlio e quindi onore e merito allo sceneggiatore Peter J. Tomasi per la sua opera di caratterizzazione. E' bello vedere Batman nel ruolo inedito di padre responsabile e paziente, pur se fermo nell'inculcare nel figlio alcuni principi irrinunciabili.

L'unico appunto da fare - ma non è colpa di Tomasi - è che a conti fatti la consanguineità fra i due toglie forza a entrambi i personaggi. Batman e Robin ne vengono fuori come figure più tridimensionali del solito (e questo è bene) ma anche meno archetipali. E questo è male!

Perché un supereroe è un archetipo e non bisognerebbe mai dimenticarsene se si vuole che la storia funzioni appieno, persino nelle sceneggiature che giocano a distruggere il mito. A queste novità faremo l'abitudine più avanti, forse... per ora sembra tutto così strano.

La storia in Batman and Robin #1 dà per assodato l'esistenza dello scenario di base introdotto da Batman Inc. (ne ho parlato en passant qui) per cui nel resto del mondo esistono altri Batman nazionali. Ed ecco che qualcuno ha deciso di far fuori quello di Mosca, nonché di rubare combustibile radioattivo dall'impianto nucleare di Gotham. Occasione che dà al dinamico duo la scusa per entrare in azione.

La sicurezza della città viene ripristinata senza perdere troppo tempo per dare all'albo un minimo di conclusione, dato che la trama apparentemente più intrigante - quella del killer di Mosca - verrà continuata nel numero successivo.

Personalmente non apprezzo molto lo stile di disegno di Patrick Gleason ma devo obiettivamente riconoscere che fa un lavoro ottimo. In più di qualche pagina, specie quelle iniziali, il suo tratto viene però letteralmente distrutto dalle chine legnose di Mike Gray e l'efficacia dell'albo ne esce abbastanza mortificata.

In conclusione direi che la serie Batman and Robin, impostata così, potrà risultare tutt'altro che priva di interesse anche per le generazioni più adulte, quelle che seguono assiduamente le testate dedicate al Batman solitario, e non è improbabile che riuscirà anche a imporre non pochi spunti ufficiali alla futura caratterizzazione del Bat-Universo.

DC Comics Reboot: The New 52 - tutte le recensioni

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